Gianni Celati
Dialogo sulla fantasia
con Massimo Rizzante
Massimo Rizzante
La conoscenza fantastica ieri come oggi non è mai stata presa sul serio dagli uomini, malati e “ospedalizzati” nella conoscenza cosiddetta razionale. Che cosa si deve fare, per liberarsi da un’idea di fantasia intesa come “irrealtà”, a cui credo faccia da pendant un’idea di realtà concepita secondo i canoni intimidatori della vulgata scientifica?
Gianni Celati
Il fatto è che noi ci serviamo della fantasia tutti i momenti per interpretare le cose, cercando di capire quello che è fuori dalla nostra portata; e tutto il nostro sistema emotivo dipende da come immaginiamo ciò che non è sotto i nostri occhi. Quando abbiamo paura, quando siamo a disagio, quando siamo gelosi, quando facciamo progetti, entra in gioco l’atto di fantasticare. Quando siamo innamorati non facciamo che ripassarci il film delle fantasie sull’essere amato, e anche quando riflettiamo cerchiamo aiuto nell’immaginazione o nella fantasticazione. Il fantasticare è così assiduo che lo diamo per scontato. Però se si inceppa abbiamo un campanello d’allarme, che è la noia: la noia è una specie di una nebbia mentale che blocca gli slanci immaginativi, e rende fastidioso anche il flusso di stimoli che viene dai sensi e dal mondo esterno.
Massimo Rizzante
Infatti l’immaginazione – che qui andrebbe tradotta con la parola “fantasia” – secondo Aristotele ha la funzione di regolare il flusso che viene dai sensi e che va verso l’intellezione
Gianni Celati
Sì. In un testo tra i massimi della storia della filosofia, il De anima, Aristotele cerca di spiegarsi come succede che portiamo in mente le immagini, ossia perché abbiamo in noi questa produzione immaginativa. Aristotele chiama in due modi le immagini che sorgono della mente: phantasma e phantasia, entrambidal verbo phaino, “mostrare”. Sono figurazioni che “si mostrano” in noi come un richiamo a percezioni avute o possibili. Queste immagini nella mente, dice Aristotele, sono una combinazione di ciò che abbiamo percepito attraverso i sensi e ciò che opiniamo con l’intelletto. E nel suo trattato sulla memoria dice che sono oggetti di memoria quelli che cadono sotto l’immaginazione; dunque immaginazione e memoria non sono separabili: ricordare vuol dire in qualche modo immaginare la cosa ricordata, ripensarla fantasticamente. È anche l‘idea di Giambattista Vico, il quale diceva che “la memoria è l’istesso della fantasia”.
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